giovedì 20 agosto 2009

Paura del Medioevo? Sì, quello leghista…

Rispondo a Matteo Lazzaro, che il 10 agosto 2009 manda al Corriere della Sera una lettera, in cui proclamandosi studente leghista, si vergogna dell’Unità d’Italia.

E’ innegabile che gran parte di ciò che è nato intorno al Risorgimento d’Italia, presenti gli ingredienti romanzati di chi, con ciò ha cercato di costruire un sentimento nazionale, una coscienza unitaria, che ritroviamo nei libri storici del tempo con i toni di chi si rivolge ad un pubblico di bambini ingenui. Forse l’apice della “storiella romanzata” la ritroviamo nella spedizione dei Mille, dove ci vogliono far credere che un esiguo numero di “volontari”, mal equipaggiati e poco formati riescono a liberare (conquistare?) il Regno delle Due Sicilie, forte di un esercito ordinario di 20.000 soldati. Chiaramente subentrano altri aspetti meno alla luce del sole, come le navi inglesi che puntano i cannoni verso Napoli (e sparano pure qualche colpo!), o le diserzioni di massa degli ufficiali borbonici, che guarda caso li ritroveremo poi nelle fila dell’esercito del futuro Regno d’Italia (i nostri nonni usavano dire: “soldato italiano, ed ufficiale austriaco”, a dimostrazione di quanto poco formati fossero i nostri comandanti).

Pur prendendo la distanza da un certo concetto di storia, dove forse le uniche certezze sono le date, vorrei ricordare a Lazzaro che quella dell’Unità d’Italia è stato un processo fortemente voluto, soprattutto al Nord Italia. Certo, si tratta pur sempre del ceto liberale-borghese, degli intellettuali, dei cittadini (emblematiche le Cinque Giornate del 1948 in cui i cittadini di Milano insorgono contro Radezski), ma penso che difficilmente i contadini analfabeti (il cui principale problema era la fame, non certo la libertà) avrebbero potuto insorgere contro chi gli garantiva ordine e pure una certa protezione economica. Diversa è la situazione per il Meridione, che deve subire da subito il peso dell’Unità d’Italia, che vede soffocate nel sangue ed in atroci violenze le promesse avute (Garibaldi aveva promesso l’abolizione di alcune tasse che gravavano sui ceti più umili, come la tassa sul macinato, oltre che una riforma estesa del latifondo). Pur non essendoci chiarezza nelle stime, sembra che la lotta al brigantaggio abbia fatto più morti delle tre Guerre di Indipendenza, insomma il Sud Italia alla nascita del nuovo stato non versava certo in quel clima pacifico di stabilità in cui prosperavano le industrie del Nord, ma fece da sfondo ad una vera e propria guerra civile in cui fu negata ogni dignità dell’uomo (si pensi alle persecuzioni di Cialdini o alla Legge Pica del 1863).

E’ ancora cronaca di oggi la “Questione meridionale”, le marcate differenze che sussistono tra i “due paesi”, differenze culturali, di mentalità e soprattutto, a mio avviso, istituzionali. Nel pensiero di Lazzaro e dell’ideologia della Lega del Nord (nata dal basso, dal “popolo” a differenza di chi crea e disfa un partito in nome di sé stesso), mi sembra di vedere una grande rabbia caotica contro “Roma ladrona”, contro chi percepisce una pensione di invalidità pur non essendo invalido, contro le alte tasse pagate dai lavoratori del Nord a favore dei disoccupati del Sud. Così come nell’atavica paura dell’immigrato (che arriva in Italia per rubare o spacciare droga e, se islamico per colonizzarci; mentre se lavora, bè allora sottrae il posto di lavoro ai nostri figli), a me sembra di vedere nell’ideologia leghista una certa insofferenza, una difficoltà a capire i grandi cambiamenti del mondo in cui viviamo, una preoccupante distanza dal XXI secolo, per poi aggrapparsi nelle facili argomentazioni dei vari capri espiatori.

Alcune delle argomentazioni del pensiero leghista non sono altro che ovvietà: in qualunque paese civile la discussione sul pagamento delle tasse non dovrebbe nemmeno sussistere (è più che normale che chi NON le paga commette un reato e per questo deve essere punito, senza ma e senza se). Anziché nascondersi dietro queste populistiche argomentazioni, sarebbe più opportuno cercare di capire perché tutto questo accade, quali le responsabilità di questa degradazione etico-culturale. Quali sono le responsabilità di una classe politica esosa ed incompetente, che ha portato alla proliferazione di clientelismo ed organizzazioni criminali? Perché non iniziare da ora a minare da le basi economiche della Mafia, invece di continuare a prendere consensi aumentando la presenza militari, sbandierando l’arresto di questo o quel boss (la Mafia è qualcosa di dinamico non statico, colpito un capo se ne fa un altro).

Invece l’ideologia leghista è da sempre incline all’isolamento, all’esclusione, ai dazi ai cinesi, al “calcio in culo all’islamico”, alla secessione, al no all’Europa. Senza dubbio i proseliti che tali argomentazioni stanno avendo sono sintomo di un male, di una serie di problemi più o meno nuovi del Settentrione e dell’Italia intera. Ritengo che il grande cambiamento che stiamo vivendo da un po’ di tempo sia la causa principale di questo malessere, di questa “paura” padana. Siamo in un mondo in forte e rapido cambiamento, dove negli ultimi venticinque anni abbiamo assistito al crollo del sistema basato su “freddi equlibri” che c’era prima, all’apertura senza precedenti degli scambi mondiali e alla repentina rivoluzione tecnologica (dal cellulare al web 2.0). E in questo nuovo scenario globale, l’Italia sembra essere caduta in un declino non congiunturale della propria economia, agli ultimi posti fra i paesi OCSE per gli investimenti in ricerca e sviluppo, con un debito pubblico in continuo aumento e dove le proprie imprese sono sempre meno competitive (bilancia commerciale in rosso dal 2000 e quota del nostro commercio globale che passa dal 4% del 2003 al 3,5% del 2005), questi, forse sono i veri motivi del disagio italiano (e le cause la classe politica?).

Siamo in un mondo in cui per esistere devi essere aperto, globale, connesso, dove la tolleranza verso culture diverse può essere la nostra ancora di salvezza. Se mettiamo i dazi ai cinesi, le nostre aziende tessili continueranno sì a vendere nel “piccolo” mercato italiano, ma se non si riconvertiranno subiranno comunque la concorrenza cinese nei mercati esteri e si dovranno accontentare di rimanere piccole ed inefficienti in Italia (alti prezzi, poca competizione, bassa qualità, quello che il caso Fiat dovrebbe ricordarci). Per non parlare della guerra commerciale che si creerebbe, con effetti negativi a cascata a tutte quelle aziende che esistono grazie all’export del Made in Italy in Cina (il più grande mercato del futuro). Così invece di cadere nella chiusa mentalità leghista che vorrebbe nelle scuole i dialetti, che renderebbero i nostri studenti ancora più distanti dal mondo “là fuori”, io proporrei che venisse insegnata a scuola una lingua asiatica, magari proprio il cinese. Creando scambi bilaterali potremmo fare insegnare l’italiano in Cina, avvicinando le due culture e magari anche i gusti dei consumatori (60 milioni contro 1 miliardo e 300 milioni: indovinate chi ci guadagnerebbe).

Lazzaro teme che l’Italia di domani non abbia più nulla di italiano, perché l’orda barbarica di culture nuove avrà cancellato la nostra “memoria storica”. Io vedo invece la possibilità di un forte arricchimento culturale reciproco, dove la nostra cultura uscirà dai confini nazionali insieme all’Italian Style e al Made in Italy, e dove noi potremmo aggiungere alla nostra cultura (peraltro in continuo movimento e non qualcosa di statico come vorrebbero i cultori dell’arretratezza) la conoscenza di altre culture (la vera forza e ricchezza dei Romani forse era proprio in questo atteggiamento mentale di apertura verso culture e religioni differenti). A me fanno paura questi leghisti, ho paura della loro chiusura mentale che ci potrebbe sì far scivolare in un nuovo Medioevo.

2 commenti:

  1. Molte delle cose che dice Lazzaro sulla situazione dell'Italia di oggi sono condivisibili e sicuramente una parte importante dei problemi attuali hanno origine nel Risorgimento. Risorgimento che sempre più spesso viene oggi sottoposto a critiche per motivi spesso di bassa cucina politica (Lega Nord o leghe Sud varie) o per una sorta di rivalsa storica (CL e movimenti culturali cattolici in genere ). E tutti sembrano aver dimenticato i meriti di una elitè culturale,quella risorgimentale che cercava di colmare il gap secolare che l’Italia aveva rispetto alle altre potenze europee e che non è tale solo riguardo ad un profilo economico o militare ma che influenza anche il processo di crescita civile e culturale del popolo. Basta pensare ai risultati ottenuti nella lotta all’analfabetismo ( sconfitto in Germania, l’altro grande stato europeo giunto tardi all’unificazione, già alcuni secoli prima grazie al protestantesimo di Lutero), all’affermazione del principio della laicità dello Stato ed ai progressi economici e sociali compiuti sopratutto durante la successiva era giolittiana. Nessuno nega che il processo di unificazione nazionale avrebbe potuto svolgersi in modo migliore (anch’io avrei preferito uno stato repubblicano e federale ) ma resta il fatto che, anche se la Storia non si fa con i se, una miriade di Stati monarchici talvolta teocratici sotto diretto o indiretto dominio straniero certamente non sarebbero stati capaci di garantire un grande sviluppo sociale ed economico.
    Magari l’ambizione risorgimentale di creare un unico popolo, un’unica comunità da popolazioni rimaste divise per 13 secoli, non è riuscito a pieno e i risultati complessivi del popolo italiano lasciano un po’ a desiderare ma qui ad essere in discussione è il fallimento di un progetto buono (che magari necessiterebbe di un po’ più di tempo e di alcuni adattamenti di tipo federale) non la realizzazione di chissà quale processo scellerato !!!!
    Sono d’accordo con Manuel rispetto all’identificazione del vero Medioevo, i periodi di maggior progresso nella Storia sono stati quelli di grande scambio commerciale e culturale e l’Italia ( e gli Italiani) ne ha sempre tratto grandi vantaggi protesa come è nel centro del Mediterraneo unico mare che bagna 3 continenti.

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  2. Sono d'accordo con Marcello, tutto sommato l'idea iniziale era ciò che di meglio potessimo aspettarci (non dimentichiamo che i moti rivoluzionari del '48 non erano lontani. Ma, resta il fatto che qui ora stiamo discutendo di un problema che ci portiamo avanti da 150 anni. Mi chiedo, se prendiamo la Germania, anch'essa giovane stato, forse con molte più divisioni interne di noi (quanti sono i land tedeschi?), che per di più ha passato si è trovata un muro a dividere il proprio stato per 40 anni, com'è possibile che in "soli" 15 anni circa, hanno abbattuto quasi le differenze fra Est ed Ovest (almeno economiche)? Com'è possibile risolvere in così poco tempo (certo, hanno avuto qualche problema, ma nulla in confronto ai nostri...) quello che noi, con la "questione meridionale" non abbiamo ancora risolto??
    Quali sono le colpe di una classe politica poco attenta alle reali esigenze dei propri cittadini e molto più ai vari serbatoi di voti del Meridione??

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